Il (non) senso di Danto per l'arteStefano Velotti (Università degli Studi di Roma La Sapienza), Francesco Ragazzi (University of Venice)
Aula Valent
Malcanton Marcorà, Dorsoduro 3484/d 30123
Venice 30135
Italy
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Per quale motivo, Danto, non senza significative oscillazioni, ritiene inessenziale l’esperienza estetica ai fini di una definizione/comprensione della produzione artistica? Se l’arte rinuncia alla sua esemplarità – a essere esemplare del senso dell’esperienza, in senso kantiano – per ridursi a una “aesthetics of meaning”, non è forse destinata all’insignificanza (antropologica, storica, sociale, politica)? Danto non è certo l’unico, oggi (specie in ambito analitico) a rifiutare l’idea di una caratterizzazione estetica dell’arte. In questa conferenza intendo mettere a fuoco il luogo teorico in cui Danto si preclude una comprensione estetica dell’arte e dell’esperienza e avanzo un’ipotesi sulla storicità del senso e sulle sue contraffazioni in ambiti non artistici, come accade per esempio nella nozione di “catallassi” proposta da alcuni teorici neoliberali.
Letture consigliate:
A. C. Danto, La trasfigurazione del banale, in particolare il cap. VII.
Id., Dopo la fine dell’arte.
I. Kant, Critica della facoltà di giudizio, in particolare il §VII dell’Introduzione e il §49.
F.A. Hayek, Law, Legislation and Liberty, in particolare cap. 2, “Cosmos and Taxis”.
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